Un approccio “antropologico” al Natale: la ricchezza della diversità

Un approccio “antropologico” al Natale: la ricchezza della diversità

09/12/2021

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ARTICOLO SCRITTO DA: CHIARA CARLETTI, PRESIDENTE E FORMATRICE SCUOLA OLTRE

UN APPROCCIO “ANTROPOLOGICO” AL NATALE: LA RICCHEZZA DELLA DIVERSITÀ

 

Se crediamo che la scuola sia ancora una comunità educante democratica (Dewey, 1916), caratterizzata da un legame molto stretto tra scuola e società, allora dobbiamo ancor di più impegnarci nella promozione di un’educazione intenzionale, liberatrice e problematizzante, intesa come atto di conoscenza del mondo (Freire, 2004), dunque capace di superare tutte le differenze individuali, basate sul genere, la nazionalità, la lingua, la religione e la cultura, per far sentire tutti gli alunni e alunne appartenenti a quella che Edgar Morin chiama Terra-Patria ( 2012).

Siamo di fronte a un’educazione dialogica, basata sulla partecipazione, la socialità e la corresponsabilità. Si tratta dunque di un legame che non può ridursi alla mera trasmissione di conoscenze e saperi, ma deve perseguire quella formazione “umana” dell’uomo che i Greci chiamavano paideia e che fa degli esseri umani dei soggetti liberi, autonomi e uguali nel rispetto delle loro diversità.

La costruzione del nostro sé individuale, il suo prendere forma, passa infatti dal confronto con l’altro, colui che è – per definizione – diverso da noi. È tramite il dialogo, lo scambio di esperienze, idee e opinioni, che definiamo noi stessi. La scuola dovrebbe farsi pertanto portavoce di queste istanze e cogliere ogni occasione per abituare i propri alunni e alunne, studenti e studentesse, alla valorizzazione della diversità. Questo implica imparare ad accogliere una pluralità di punti di vista e visioni del mondo che ci mettono di fronte alla straordinaria varietà umana. L’antropologia ci insegna che non esistono culture pure, chiuse in sé stesse, impermeabili, così come non esistono identità fisse, date una volta per tutte. Entrambe sono delle finzioni, degli artefatti che usiamo nei nostri quotidiani tentativi di semplificare la complessità della realtà che ci circonda (Remotti, 2005). Le culture e le identità sono il frutto di scambi, rivendicazioni, conquiste, compromessi e negoziazioni. È questo ciò che contribuisce alla loro ricchezza. Abituarci a questa visione plurale del mondo dovrebbe essere uno dei fini ultimi della scuola. Come perseguirlo?

Innanzitutto abituando i bambini e le bambine, così come gli e le adolescenti alla pratica del dialogo. Già Socrate nell’antica Grecia ne aveva colto l’importanza, ponendolo al centro del processo formativo dell’individuo. Ci sono poi metodologie o, come è preferibile chiamarli, approcci didattici che privilegiano lo scambio dialogico, tra questi: il debate, il circle time, il dialogo maieutico e, aggiungerei, quello ironico (Carletti, 2021). In tutti questi approcci la parola, il discorso, l’interazione, ricoprono un’importanza cruciale in quanto consentono la formazione di formae mentis plurali, riflessive, critiche, aperte alla messa in discussione di sé stesse e degli altri.

Altrettanto importanti sono quelle attività che sostengono la centralità del soggetto che apprende, rendendolo protagonista, stimolando la sua curiosità e il suo desiderio di conoscere, come il cooperative learning, la peer education e il metodo euristico-partecipativo, i quali seguono un approccio basato sulla ricerca e la scoperta, di tipo storico-antropologico e transdisciplinare, che tende a privilegiare tutte le dimensioni che caratterizzano un fatto, un fenomeno o un evento. Facciamo un esempio: il Natale. La data del 25 dicembre è una data significativa per molti bambini e bambine nel mondo, così come lo è per tanti adulti. Si tratta di un giorno speciale, magico, in cui le città si riempiono di luci e addobbi colorati. Al di là delle derive commerciali che questa festa è venuta ad assumere ormai da molti decenni, è fuor di dubbio che nella sua simbologia ricopra ancora un significato mistico e, per alcuni, anche religioso. A seconda dei Paesi cambiano le tradizioni a esso legate: da quelle gastronomiche a quelle sociali, da quelle musicali a quelle culturali. Pensando a paesi lontani, come il Sud Africa, questa festività cade in piena estate e le celebrazioni avvengono all’aperto, solitamente in spiaggia. La consuetudine in questo paese è quella di lasciare la porta di casa aperta, affinché chiunque passi si senta il benvenuto. Questa, più in generale, è un’usanza comune a tutta l’Africa, dove i legami di vicinato, fratellanza e solidarietà sono molto forti. In altri paesi, come il Giappone, il Natale perde la sua connotazione religiosa per divenire un periodo di felicità in cui tutti gli innamorati sono chiamati a festeggiare il proprio amore. Nelle famiglie polacche, invece, la festa prende avvio quando in cielo i bambini scrutano la prima stella, chiaro riferimento alla cometa di Betlemme che guidò i tre Magi fino alla grotta in cui si trovava Gesù. E ancora, perché non proviamo a scoprire come si celebra il Natale in Argentina, in Australia, nelle Filippine o nell’antica città di Cuzco, definita dagli antichi Inca come “l’ombelico del mondo”? In ognuno di questi paesi ci sono ritualità, usanze e narrazioni differenti, persino lo scambio dei doni acquista significati diversi da cultura a cultura.

Compito del docente – inteso come professionista riflessivo (Schön,1993) e in ricerca – dovrebbe allora essere quello di stimolare la curiosità dei propri alunni, andando alla scoperta dei tanti modi di celebrare questo giorno nel mondo, a partire dai racconti e dalle esperienze che emergono in classe. Qui magari ci saranno bambini e bambine che appartengono a religioni diverse e che potranno raccontare la loro festività preferita, che sia l’Hanukkah per gli ebrei oppure il Mawlid per i musulmani, ognuno potrà comunque sentirsi protagonista. Queste avranno similitudini e differenze rispetto al Natale cattolico, così come ce ne sono con quello protestante e ortodosso, che però sarà interessante mettere in evidenza, proprio per dare conto della complessità e varietà del mondo.

Approfittiamo dunque di queste occasioni per uscire dalla nostra aula scolastica, almeno idealmente, dialogare con i nostri compagni e aprirci alla diversità, farne una ricchezza di vedute, di orizzonti e di visioni. Come ci insegna il Natale, impariamo a cogliere e apprezzare i colori e le sfumature del mondo, perché questa è la vera fonte di gioia e anche il messaggio più forte che questa festa dovrebbe insegnarci.

 

Bibliografia

Carletti, C. (2021). Educate to the future. Irony in complexity times. Ricerche Di Pedagogia E Didattica. Journal of Theories and Research in Education16(1), 217–227. https://doi.org/10.6092/issn.1970-2221/11737

Dewey, J. (1949). Democrazia e educazione. Firenze: La Nuova Italia.

Dewey, J. (1949). Esperienza e educazione. Firenze: La Nuova Italia.

Freire, P. (2004). Pedagogia dell’autonomia. Torino: EGA.

Morin, E. (2012). La Via. Per l’avvenire dell’umanità. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Remotti, F. (2005). Contro l’identità. Roma-Bari: Laterza.

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