Socrate gran scocciatore!

ARTICOLO SCRITTO DA: SILVIA DONATACCI – FORMATRICE SCUOLA OLTRE

 

Obiettivi:

  • Il pensiero divergente come modalità di incontro e scontro di idee.
  • Ascoltare e discutere in gruppo, individuando il problema affrontato e le opinioni espresse.
  • Produrre pensieri per raccontare esperienze.
  • Esprimere la propria opinione senza timore di giudizio.

Come si legge nel sito dell’UNESCO dedicato alla Giornata Mondiale della Filosofia, l’edizione del 2020 «invita il mondo intero a riflettere sul significato dell’attuale crisi pandemica sottolineando la necessità, ora più che mai, di ricorrere alla riflessione filosofica per far fronte alle varie crisi che stiamo attraversando. La crisi sanitaria mette in discussione molteplici aspetti delle nostre società. In questo contesto, la filosofia ci aiuta a prendere la necessaria distanza per andare avanti, incentivando la riflessione critica su problemi che sono già presenti, ma che la pandemia ha spinto al loro parossismo”.

Nella prospettiva di una cultura della sostenibilità e di un’educazione attenta agli Obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare al quarto “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”, l’esercizio del pensiero filosofico può contribuire a interpretare le sfide inedite poste dagli attuali mutamenti attraverso idee, parole, concezioni nuove o rinnovate e a trasformare comportamenti, abitudini, stili di vita per ripensarci, reinventarci, provare insieme a cambiare strada. Proviamo a pensare Oltre…


Proposta per la Scuola Primaria I ciclo (1-2-3 classe): Il dialogo filosofico con Socrate.

Socrate fu condannato dagli Ateniesi perché il suo modo di insegnare, obbligando a pensare, era considerato pericoloso. Seduti in cerchio, magari in un ambiente aperto come si faceva un tempo, regaliamo ai bambini una lettura che li farà riflettere sul perché è importante pensare e trovare il coraggio di esprimere le proprie idee in libertà.

Socrate

Socrate era considerato un vero seccatore dai suoi concittadini ateniesi, perché non lasciava mai in pace nessuno. Cosa faceva di così insopportabile? Domande.

Socrate diceva “io so di non sapere”, perché per lui la filosofia non dispone di un sapere come invece la scienza o la religione, ma è amore per il sapere. E l’amore non possiede, ma cerca. La ricerca avviene verificando se le opinioni che abbiamo intorno alle cose sono fondate oppure no.

Socrate chiedeva “che cos’è?” davanti a ogni cosa, e quando si arrivava per esempio a discutere della bellezza domandava: “Da dove nasce la tua idea di bellezza? Da un artista che te l’ha insegnata? Pensi che una cosa sia bella perché lo pensano tutti oppure hai argomenti solidi che sostengono la tua idea? Solo in questo secondo caso la tua idea non è un’opinione, ma può essere accolta come una verità da tutti. Io non ho niente da insegnarvi, ma ascoltando le vostre idee posso dirvi quali sono fondate su buone ragioni e quali no, come chi verifica, toccando i vasi con la nocca del dito, quali sono di vero bronzo e quali no”.

Così i suoi interlocutori, da sapientoni che si credevano, si scoprivano ignoranti.

Ecco perché Socrate era fastidioso per molti. Ma tanti altri facevano a gara per dialogare con lui, perché il suo modo di domandare aiutava a cercare la verità dentro sé stessi, a pensare e ripensare per tirarla fuori. E una volta che inizi questa ricerca ne sei rapito, non puoi più smettere!

(Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi – Galimberti- Feltrinelli)

  • Leggi l’allegato e conduci la riflessione
  • Domanda ai tuoi alunni: pensare è davvero pericoloso?
  • Per pensare ed esporsi ci vuole coraggio…lo trovi sempre? Perché a volte risulta così difficile farlo?
  • Rappresentiamo la parola coraggio attraverso colori, immagini, tratti grafici. Il contributo di ognuno per andare a comporre l’idea di un Noi condiviso.

Proposta per la Scuola Primaria 2 ciclo (4 e 5 classe) e Scuola Secondaria:

Il filosofo dell’arte del dialogo. Socrate che gran scocciatore!

Socrate è uno dei personaggi più affascinanti della storia della filosofia. Il suo insegnamento, fondato sulla ricerca della verità attraverso il dialogo, ha avuto una vasta eco nella cultura occidentale, anche se non lasciò nulla di scritto e affermò di non possedere alcun sapere. Le ragioni di questo successo – oltre che nelle splendide pagine dedicategli da Platone, il suo più grande allievo – stanno nella straordinaria fermezza con cui Socrate affrontò l’ingiusta condanna a morte inflittagli dagli Ateniesi.

Vivere filosofando

La biografia. Della vita di Socrate abbiamo poche notizie e le dobbiamo al commediografo Aristofane, allo storico Senofonte, a Platone e ad Aristotele. Sappiamo che nacque nel 470 o 469 a.C. ad Atene, da cui si allontanò solo per combattere nell’esercito ateniese. Il resto della sua vita lo passò nelle vie, nelle botteghe e nelle piazze di Atene, interrogando i suoi concittadini sulle «cose umane», cioè sul bene e sul male, sul giusto e sull’ingiusto, sulla virtù e sulla politica. A un amico che lo rimproverava di non mettere mai piede fuori delle mura di Atene, Socrate rispose che la sua passione era imparare: mentre la campagna e gli alberi non erano disposti a insegnargli alcunché, dai suoi concittadini apprendeva molte cose.

Curiosità. I suoi contemporanei lo trovavano strano e inquietante: di corporatura piccola e tozza, con un viso particolare e un naso camuso, egli contraddiceva in pieno i canoni greci perché la profondità del suo spirito non si accompagnava alla bellezza del corpo.

Alcune fonti riportano – e si tratta probabilmente della notizia più importante – che nel 399 il regime democratico lo processò con l’accusa di non credere negli dèi tradizionali e di corrompere i giovani. Socrate si difese con vigore e affermò di aver contribuito a rendere la città più virtuosa, ma fu condannato a morte. Sebbene ne avesse la possibilità, non volle sottrarsi alla condanna per non violare le leggi della città: così, dopo aver rincuorato i suoi discepoli, bevve serenamente la cicuta – il veleno che si usava in quelle circostanze – e morì. Quello a Socrate fu un processo politico, dovuto probabilmente al fatto che della sua cerchia facevano parte illustri esponenti della corrente aristocratica. In realtà, Socrate si era sempre tenuto lontano dalla politica attiva: era una di quelle cose che il suo demone interiore, una voce divina di cui parlava spesso, gli aveva vietato. Sempre a un intervento divino egli attribuiva il suo modo di vivere: è un dio – disse al processo – ad avermi ordinato di «vivere filosofando e cercando di conoscere me stesso e gli altri».

Il dialogo socratico: ironia e maieutica

Socrate si servì del dialogo non per insegnare una tecnica retorica – il cui scopo era prevalere nella discussione – ma per raggiungere insieme all’interlocutore la verità. Il primo passo in questa direzione era la consapevolezza della propria ignoranza: il sapiente, affermava, è colui che “sa di non sapere”. Tale consapevolezza veniva raggiunta nella prima fase del dialogo, attraverso l’ironia (in greco «dissimulazione»). Alla domanda che dava avvio alla discussione – che cos’è il coraggio, per esempio – Socrate confessava di non saper rispondere: «Io non so cosa sia», diceva al suo interlocutore, «ma tu sicuramente sì e quindi puoi aiutarmi a scoprirlo». L’altro rispondeva, sicuro delle proprie conoscenze: a quel punto Socrate faceva un’obiezione, l’altro ribatteva, Socrate sollevava un’altra obiezione, e così via, in un ‘batti e ribatti’ che finiva per distruggere le certezze dell’interlocutore. Allora questi riconosceva di ‘non sapere’: e da quel momento iniziava la vera ricerca, un’avventura a due verso l’ignoto punteggiata di domande, risposte e nuove domande.

Era la parte maieutica del dialogo: «La mia arte» diceva Socrate «è in tutto simile a quella delle ostetriche, ma ne differisce in questo, che essa aiuta a far partorire le anime e non i corpi. E come le ostetriche sono sterili, anch’io non posso generare (la verità, in questo caso), ma ho la capacità di aiutare gli altri a farlo». Socrate non ci lasciò quindi nessuna dottrina, anche perché era convinto che soltanto il coinvolgimento personale nel dialogo potesse condurre a un sapere veramente autentico. “Non si può scoprire la verità leggendo le opere altrui” e per questa ragione egli non lasciò nulla di scritto. Forse aveva ragione, i suoi pensieri e le sue idee sono arrivate lontano!

Conduci la riflessione:

  • Quali domande porresti a te stesso per conoscerti meglio?
  • Credi di conoscerti davvero?
  • Il punto di vista altrui può averti fatto scoprire talvolta delle sfaccettature del tuo carattere apparentemente nascoste?
  • Gli altri vedono in te ciò che tu vedi in te stesso?

L’oralità era tutto per il nostro filosofo, così sarà anche per i ragazzi che nel dialogo troveranno spazio per raccontare e raccontarsi, impareranno a “pensare oltre” per tentativi ed errori, fallimentari e costruttivi; i primi genereranno scontro di idee, gli ultimi sedimenteranno il desiderio di scoperta. Da ora, per sempre.

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