
ARTICOLO SCRITTO DA: MARTA BRUSCO, AUTRICE SCUOLA OLTRE
In questo articolo proveremo a riflettere su quando e come ognuno di noi ha imparato a essere responsabile e autonomo. Alle prime nostre esperienze e a tutte quelle successive. Alcuni di noi potrebbero pensare che sia una domanda difficile, altri invece potrebbero ricordarsi perfettamente un’esperienza particolarmente significativa. Va bene qualunque ricordo. Appuntatevi tutto quello che vi salta in mente, tutte le parole o frasi correlate, potranno essere spunti di riflessione per essere un insegnante o un educatore attivo nel promuovere lo sviluppo della responsabilità e dell’autonomia nei bambini e ragazzi.
Fermiamoci un attimo a riflettere sulla parola responsabilità, sul suo significato e su come questa sia presente nelle nostre vite e in quella dei bambini e ragazzi che incontriamo. Cercando la parola “responsabile”, tra le definizioni del vocabolario Treccani, troviamo questa “Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso”. Quindi potremmo concludere che, per essere responsabili, dobbiamo saper prendere decisioni e conoscere le conseguenze positive e negative. In ambito scolastico sentiamo spesso dire “devi essere responsabile del tuo materiale” oppure “sei tu il responsabile dei tuoi compiti”. Ѐ importante fin da piccoli essere responsabili… ma come? Prima di riflettere su questa domanda, ho un’altra parola che mi gira per la testa: autonomia.
Cosa significa autonomia? Affidiamoci ancora una volta alle parole che troviamo tra le pagine di Treccani sotto “autonomo”: “Che ha la capacità e facoltà di governarsi o reggersi da sé”. Ebbene si, per esempio si dice che un bambino è diventato autonomo quando è in grado di mangiare da solo, di capire quando deve andare in bagno oppure, crescendo, quando impara a lavarsi; in ambito scolastico, per esempio, quando è in grado di preparare la cartella senza l’aiuto di qualcuno. Pian piano che si cresce si acquisiscono sempre più autonomie ed è bene tenere sempre in considerazione l’età dei bambini e ragazzi quando le valutiamo. Chiedere a Maria, Luca, Francesco all’inizio della scuola primaria, di fare da soli la cartella o acquisire il materiale che manca loro, nella nostra società potrebbe risultare fuori luogo e precoce.
Fino a che punto possiamo chiedere a un bambino che frequenta la scuola materna o la scuola elementare di essere responsabile e autonomo? In che misura? Basandosi su quali compiti e parametri di valutazione?
Alla scuola dell’infanzia possiamo iniziare a insegnare il senso di responsabilità mostrando ai bambini, per esempio, come bagnando ogni giorno una piantina, sia essa un frutto o un ortaggio, essa cresce e diventa sempre più bella o grande. Vedere un fiore crescere o cogliere una zucchina sono attività semplici, ma ricche di significato che insegnano a prendersi cura e a diventare responsabili. Non possiamo arrabbiarci invece se un bambino si è dimenticato a casa il grembiule, la felpa o l’ombrello perché piove… è responsabilità sua? O di chi si prende cura di lui?
Anche alla scuola primaria, prima di rimproverare un alunno perché non ha portato il quaderno nuovo di matematica, chiediamoci sempre quanto è responsabilità sua e quanto del genitore o di chi si prende cura di lui che magari non ha avuto tempo di andare dal cartolaio. Attenzione, diverso è se uno studente di quarta o quinta elementare sbaglia sempre a mettere i libri nella cartella o dimentica spesso l’astuccio a casa. Capiamo perché succede. Va a letto troppo tardi la sera? Non sa cosa mettere nella cartella e sbaglia? Nessuno gli ha mai fatto vedere come si fa? Potremmo fargli vedere noi come ci si organizza. Una strategia potrebbe essere la realizzazione dello schema della giornata scolastica utilizzando i colori o i simboli. Nel primo caso ogni attività viene indicata con un colore diverso mentre nella seconda tipologia si utilizzano i simboli per rappresentare le materie e i momenti scolastici, come il pranzo o la merenda. Questa modalità è efficace soprattutto per aiutare gli studenti con difficoltà organizzative, come alunni con disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).
Una strategia simile può essere insegnata anche per l’organizzazione del pomeriggio o del fine settimana, così da dedicare qualche ora ai compiti, vivendo però anche momenti di gioco, sport e altro. Una buona organizzazione, ci insegna a essere responsabili e diventare autonomi. Saper organizzare il nostro tempo è essenziale per essere produttivi e rendere al meglio secondo le nostre abilità.
Un’altra attività che si può proporre sia nei contesti scolastici, che educativi più in generale, come centri e oratori, è la suddivisione dei ruoli. Immaginiamo di calarci nel contesto classe, c’è chi si occupa delle fotocopie, chi della distribuzione delle schede, chi fa il messaggero tra il personale ATA e la maestra, chi fa l’apri fila, chi il chiudi fila e così via. Cambiare settimanalmente questi compiti, oltre che promuovere senso di responsabilità, aiuta anche a sperimentarsi in diversi ruoli, iniziando a capire in quale il bambino si sente più a suo agio, capace e dove sa applicarsi con più facilità.
Quando ruoli, regole o compiti non vengono rispettati possiamo sentirci frustrati a causa di quelli che sembrano segnali di mancanza di autonomia o responsabilità…è proprio questo il momento in cui è utile fermarsi, riflettere sul “come mai”. Risulta importante cercare di capirlo con il bambino, il ragazzo che abbiamo di fronte tramite il dialogo o il gioco. È importante saper capire i motivi di questi comportamenti e riconoscere le proprie responsabilità. Sgridare o mettere in “punizione” (parola che non ci piace ma che purtroppo si usa ancora spesso oggi) senza spiegare è paragonabile a costruire una casa senza fondamenta.
A tal proposito, concludiamo questo articolo citando uno degli ultimi scritti di A. Pellai: “Rendere un figlio responsabile non vuol dire sottoporlo a mortificazione o sfruttamento. Significa metterlo in condizioni di riconoscere che la vita ha delle regole.”
BIBLIOGRAFIA
Vocabolario Treccani
Pellai A.,“La bocciatura, un’occasione di crescita”. Famiglia Cristiana.
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