
ARTICOLO SCRITTO DA: ANTONIO DI PIETRO – FORMATORE SCUOLA OLTRE
Il Natale a scuola è uno dei momenti più partecipati da parte delle famiglie. Non solo nel momento della festa, ma anche nei preparativi. Quest’anno, con i genitori che non possono entrare a scuola, cosa possiamo fare?
Sono ormai trascorsi nove mesi dal lockdown e un po’ d’esperienza l’abbiamo fatta. Possiamo ormai dire che per “reggere” a questo momento è fondamentale essere ben solidi a livello di valori sociali, culturali, pedagogici. Nel periodo della “didattica dell’emergenza” (fra marzo e giugno) abbiamo assistito a qualcosa di epico, oltre che di epocale, da parte di quelle tantissime insegnanti che hanno fatto leva sui principi fondanti dell’educazione e della didattica efficace.
In questo natale disorientante, abbiamo bisogno di punti riferimento. E un valore da tenere ben saldo potrebbe essere quello dell’ascolto. Per metterlo in pratica, umilmente e con sobrietà, possiamo partire da noi stessi: cosa ci rende vulnerabili, ci fa sorridere, ci fa arrabbiare, ci rende felici, ci fa paura, ci rilassa? E a partire da queste consapevolezze… poi, iniziare a parlare del Natale a “distanza” con le famiglie.
Sappiamo bene che le parole che utilizziamo modellano il nostro pensiero e quello degli altri. Non solo, possono illuderci, se non addirittura “tradirci” ovvero, farci comunicare il contrario di ciò che pensiamo di dire. Facciamo caso alle parole che utilizziamo e a quelle che vale la pena evitare. Per essere un po’ più chiari: se diciamo che facciamo una cosa che non vorremmo fare, dicendo: «Ma purtroppo quest’anno è così», tanto vale provare a fare altro. Piuttosto cerchiamo di fare il possibile. Ciò che possiamo impegnarci a comunicare è che dobbiamo convivere con il virus. Che non dobbiamo mollare, non rimandare vivendo nell’attesa di tempi migliori. Reagire al qui e ora. Che si fa quel che si può, ma con stile. Ricordiamoci che siamo un esempio per i bambini e i genitori.
Inoltre, stiamo attenti a non “medicalizzare l’educazione”. Per affrontare questo periodo abbiamo certamente bisogno di virologia, ma anche di poesia, musica, arte, letteratura, filosofia… Non esitiamo a far circolare quelle forme di linguaggio che sono una vera e propria “cura per l’anima”.
Se per esempio pensiamo di far costruire un “balocco” a distanza, facciamo il possibile per garantire il senso pedagogico di questo momento, cioè poter dialogare, tessere e rinforzare reti amicali fra genitori. Abbiamo bisogno di parlare fra di noi per sentirci “connessi” (il significato latino di “connèctere” è “attitudine a congiungersi”, rimanda a una “relazione”). Quindi, possiamo mettere in programmazione l’obiettivo di facilitare il clima di coesione, cioè permettere di raccontarsi, di crescere insieme…
Comunicare ai genitori che siamo in ascolto, vuol dire prendersi la responsabilità di riconoscere uno dei bisogni più evidenti di questo periodo: stare “connessi”. D’altronde, il clima natalizio è caratterizzato dall’incontrarsi, dallo scambio reciproco.
Qualsiasi cosa faremo in questo Natale a distanza con le famiglie, l’ascolto potrebbe essere la stella da seguire.
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