L’Homo Sapiens che vive in noi

L’Homo Sapiens che vive in noi

27/08/2021

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ARTICOLO SCRITTO DA: ROSSANA COLLI FORMATRICE SCUOLA OLTRE

 

L’HOMO SAPIENS CHE VIVE IN NOI

Spunti per una nuova didattica della Preistoria

In un momento storico particolarmente complesso in cui, secondo il teologo-filosofo Vito Mancuso, la società è governata sempre più da meccanismi che inducono molti a parlare di postumano, con la tecnologia che trasferisce nelle macchine la nostra intelligenza prefigurando il passaggio da Homo Sapiens a Machina Sapiens, mentre noi diventiamo sempre più macchine e siamo trattati sempre più da macchina1 ci sembra importante riportare l’attenzione su alcune domande.

Che cosa fa di un uomo un uomo?

E ancora, in senso evoluzionistico, che cosa ha permesso all’homo sapiens di diventare umano, differenziandosi da tutti gli ominidi che l’avevano preceduto?

Il raggiungimento della posizione eretta, la capacità di accendere un fuoco così come di costruire arnesi-utensili legati all’ampliamento del cervello e all’utilizzo di un linguaggio articolato sono sicuramente elementi caratteristici che fanno di homo sapiens l’essere umano che più ci assomiglia.

Ma la questione non si esaurisce in questi elementi. Da un punto di vista evoluzionistico oggi sappiamo che Homo sapiens  possedeva il corredo anatomico, neurale e comportamentale necessario già 100.000 anni prima della sua comparsa (l’evoluzione cerebrale era cominciata più di due milioni di anni prima e il suo ritmo era stato molto graduale) e che l’evoluzione cerebrale non è stata solo un’evoluzione quantitativa[1] ma che le aree del cervello deputate all’elaborazione e al controllo delle funzioni cognitive, motorie e sensoriali si sono sviluppate in maniera differente nel genere Homo.

Se in questa diversa organizzazione va senz’altro cercato il segreto della scintilla che ha generato la peculiare intelligenza umana, come mai nei libri di testo che presentano la Preistoria continuiamo a leggere che Homo sapiens è la specie animale più evoluta e non una specie a sé?

Se Darwin, da una parte, credeva nell’emergenza graduale della mente umana e delle facoltà superiori dell’uomo nel corso dell’evoluzione (attraverso un’infinità di piccoli passi impercettibili)[2] secondo un altro studioso a lui contemporaneo, A. R. Wallace, la mente umana, che rende l’uomo capace di esercitare sulla natura quello stesso potere a cui egli si è sottratto, doveva essere sorta in un colpo solo, grazie a un’improvvisa discontinuità evolutiva favorita da un intervento divino[3].

L’idea dell’originalità della mente umana e di una discontinuità evolutiva tra gli esseri umani e gli animali, si avvalora in Wallace attraverso l’osservazione delle differenze tra di loro, perché l’uomo è creatura sì animale, ma anche spirituale, e quindi irriducibile a meccanismi di alcun tipo.

L’essere umano moderno è infatti l’unico essere vivente che ha capacità di elaborazione simbolica e di astrazione, di pensiero immaginativo e autocosciente (è l’unico essere capace di dire «Io» a sé stesso). L’essere umano inoltre ha la capacità di usare le mani in tanti modi differenti, diversamente dagli animali che hanno arti specializzati, e questo aspetto può permettergli di diventare abile in molteplici campi. Ogni essere umano contiene in sé il paradigma evolutivo, e aggiunge qualcosa, qualcosa di esclusivamente umano.

Nelle pitture rupestri dove sono raccontate storie, paure, desideri attraverso slanci di colore, tutto questo è ben visibile.

Pittura rupestre, ‘Cueva de las manos’ Santa Cruz, Argentina

 

Sarebbe quindi auspicabile che in un futuro non troppo lontano, accanto alla teoria di Darwin venisse affiancata anche quella di Wallace, dal momento che la scoperta della selezione naturale, è attribuita a entrambi, in contemporanea.

La proposta di Wallace, che si condivida o meno, ha comunque il sapore del mito che da sempre affascina i bambini (si pensi alla nascita di Gea e di Urano, o alla creazione del mondo secondo la Genesi) e crea una connessione immaginativa con l’argomento studiato.

un esame onesto e inflessibile delle forze della natura ci dice che a un certo periodo della storia della Terra ci fu un atto di creazione, un dono alla Terra di qualcosa che prima non aveva posseduto, e da quel dono, il dono della vita, è giunta la popolazione infinita e meravigliosa delle forme viventi. Poi, io ritengo che vi fu un successivo atto di creazione, un dono per l’uomo, quando uscì dalla sua ascendenza scimmiesca, uno spirito o un’anima. Niente nell’evoluzione può spiegare l’anima[4] (lo spirito, ndr) dell’uomo. La differenza tra l’uomo e gli altri animali è incolmabile e dimostra che l’uomo possiede una facoltà inesistente in altre creature. Poi ci sono la musica e la facoltà artistica. Ma l’anima (lo spirito, ndr) è stata una creazione a parte»[5].

Certo ci vuole coraggio per cambiare strada, per immaginare e indagare lo sviluppo dell’uomo non solo da un punto di vista scientifico ma anche da un punto di vista spirituale. Tuttavia se, come dice il Ministro dell’Istruzione Bianchi, la scuola non può ritornare a essere quella che era prima della pandemia (e che soffriva dell’abbandono scolastico da parte di uno studente su tre, ndr) ma deve fare un passo in avanti potrebbe essere utile rileggere il testo del filosofo Norberto Bobbio in cui scrive: Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi.[6]

Note

[1] Telmo Pievani, op. cit.

[2] Telmo Pievani, op. citata

[3] Telmo Pievani, Il grande balzo in avanti, tratto dal libro? Homo Sapiens e altre catastrofi, Meltemi, 2002

[4] Che gli animali posseggano a loro volta un’anima sembra, oggigiorno, fuori discussione. La stessa cosa non vale però per lo ‘Spirito’ (Sé Superiore- Io) che ci caratterizza ulteriormente come ‘ esseri umani’.

[5] A. R. Wallace, Il darwinismo applicato all’uomo

[6] Norberto Bobbio, Ultime volontà, La Stampa, 10 Gennaio 2004

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