“Per insegnare bisogna emozionare.
Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari”.
(Maria Montessori)
Nell’ambito della didattica scolastica, spesso, si attribuisce al gioco soltanto una funzione frivola; il gioco è visto come una pausa necessaria tra una lezione e un’altra che serve per recuperare energie e ritrovare il giusto slancio motivazionale prima di tornare all’impegno dello studio, attività considerata “seria” in quanto legata al retaggio culturale di fatica e di obbligo.
Per citare Bruner, invece, il gioco dovrebbe essere considerato uno “stimolo all’apprendimento […] motivazione all’azione, prevalenza dei mezzi sui fini, attività svolta in un contesto collocato al di fuori del reale, incentivo alla creatività e disponibilità agli stimoli” (Bruner, 1976).
Conosciamo tutti le potenzialità del gioco a scuola: esso permette di esercitare le abilità motorie, espressive, cognitive ed etiche a tutte le età e in modo del tutto spontaneo, diventando, di fatto, un ottimo strumento per l’apprendimento.
Occorre riflettere sui risultati favorevoli conseguibili grazie alle attività ludiformi (i giochi seri, cioè quelli che hanno un chiaro intento educativo), che sono sottese da impegno, assiduità e progressi nel raggiungimento delle mete.
Nella metodologia glottodidattica, ad esempio, la didattica ludica è flessibile e adattabile, può essere impiegata per qualsiasi livello di conoscenza della lingua e ben si amalgama con altri approcci: Total Physical Response (Asher 1960), attività ispirate al Natural Approach (Krashen e Terrel, 1983), approcci comunicativo-funzionali, Role playing etc.
Le tecniche ludiche promuovono lo sviluppo globale dell’alunno e giovano anche all’intero gruppo classe, creando un ambiente di apprendimento sereno e motivante in un contesto didattico ricco di stimoli positivi, dove lo studente diventa protagonista del proprio processo formativo e partecipando ad attività di cooperazione e di sana competizione (Lombardo, 2006). Inoltre contribuiscono alla realizzazione di un apprendimento significativo, che, per parafrasare Rogers, si realizza seguendo un percorso naturale di curiosità e di scoperta che coinvolge interamente la personalità dell’allievo, la sua sfera affettiva e relazionale e le sue capacità cognitive. Il gioco inteso come tecnica didattica, che fa leva sulla motivazione intrinseca, permette il conseguimento degli obiettivi didattici e delle mete educative che caratterizzano l’apprendimento; non dimentichiamo, tuttavia, che la dimensione ludica deve sempre essere supportata da una riflessione metacognitiva.
Per concludere, rispondiamo alla domanda: perché mettere in pratica questo approccio? Perché è motivante, perché favorisce il problem solving, sviluppa le competenze comunicative e relazionali, stimola i vari tipi di intelligenza e mira all’apprendimento significativo.
0 commenti