Il venerdì nella foresta

ARTICOLO SCRITTO DA: ANNA PIRATTI FORMATRICE SCUOLA OLTRE

 

 

IL VENERDÌ NELLA FORESTA

Conversazione con Susie Jones

“Tutti i venerdì, quale che sia il tempo, sole, pioggia o neve, la classe di mio figlio parte il mattino con l’autobus di linea e trascorre la giornata di scuola nella foresta.”

(Forêt de Soignes).

Resto senza parole quando Susie, che vive a Bruxelles, mi racconta come funziona la scuola primaria che frequenta suo figlio, una scuola fuori dall’ordinario.

Ribatto timidamente:

“…Anche con la neve?”

“È bellissimo con la neve”.

Mi prefiguro tutti i possibili, anzi, probabili pericoli. Le insidie e le minacce animali, vegetali, minerali.

All’istante, e per compensazione, mi torna alla mente un articolo di Dany Mitzman, per la BBC How to avoid getting ‘hit by air’ in Italy.

Che racconta una patologia-posologia tutta nostrana dallo hit of air, (il colpo d’aria) alla shirt of health (maglia della salute).

Esilarante. Tutto vero.

Dopo un’iniziale resistenza chiedo di più:

“Cosa succede quando i bambini arrivano nella foresta?”.

“Gli insegnanti osservano insieme agli alunni l’area che li circonda, stabiliscono i limiti dentro i quali restare al sicuro.”

“Come è possibile identificare un perimetro chiaro nella foresta e farlo rispettare?”

“Si tratta di individuare degli elementi fisici che delimitano uno spazio: un albero caduto o particolarmente grande, un masso, un ruscello.

Coinvolti dagli insegnanti nella spiegazione, i bambini hanno la possibilità di elaborare il perché sia importante avere quei limiti e perché superarli porti delle conseguenze.

L’area prescelta sarà sempre la stessa per tutto l’anno.”

 

 

“Una volta stabilito il perimetro come evolve la giornata di scuola?”

“Durante le prime uscite, gli insegnati avevano predisposto delle attività programmate, quelle che potremmo definire comunemente lezioni.

In seguito hanno cambiato approccio lasciando maggiore libertà all’iniziativa dei bambini.

Lo stimolo dato dalla Natura, infatti, genera in essi una genuina sete di conoscenza.

Questa condizione viene raccolta dagli insegnati, sviluppata, riportata a scuola, riutilizzata in seguito, sia in classe sia nuovamente nella foresta, in un processo osmotico dell’apprendimento.

Fanno cioè leva sulla motivazione all’esperire che fiorisce spontaneamente nell’ambiente naturale. ”

 

 

 

“Mi sembra un approccio che richiede molto tempo.”

“Richiede del tempo. Molto o poco dipende dalla scala delle priorità.

Guarda l’urgenza ambientale in cui viviamo…Per imparare a prenderci cura della Natura, dobbiamo necessariamente entrare in relazione con essa. Conoscerla.

I bambini il venerdì fanno questo. Entrano in confidenza, instaurano un dialogo, fanno amicizia. Non a parole, video o foto, ma attraverso l’esperienza diretta, le atmosfere e le scoperte, dal minuscolo insetto, alle specie vegetali.

Qui non si parla di un apprendimento top-down, bensì bottom-up.

“Intendi dire non un apprendimento calato dall’alto, ma cha si fa dal basso, puoi spiegarmi meglio?

“Non dimentichiamo che questa non è un’esperienza sporadica, fa parte del programma scolastico settimanale. La foresta è viva e muta costantemente. Va da sé che l’area prescelta, diversamente dall’aula scolastica, si trasforma gradualmente intorno ai bambini seguendo un ritmo ancestrale.

Quanta conoscenza inconscia e profonda viene trasmessa agli alunni ogni settimana… Per infusione direi, facendo venire meno la gerarchia delle intelligenze.

Le sfide che ci attendono, che attendono soprattutto le generazioni future, implicano una straordinaria propensione al cambiamento. Questa fiorisce naturalmente se ci sono le giuste condizioni e va coltivata.

Per spiegarmi meglio ti suggerisco un bel video di un’esperienza simile in Inghilterra What is Forest School? ”.

Natura est magistra vitae, mi vien da dire. Mi sembra un’esperienza edificante, ma quante scuole possono permettersela?

“ In tutte le scuole si può trovare il sistema di coinvolgere gli alunni nell’esperienza della Natura più vicina (giardino, parco, argine, fiume, boschetto, etc.) affinché possano stare all’aria aperta il più possibile, laddove a un’apertura degli spazi corrisponde anche un’apertura del pensiero.

Inoltre, se la salvaguardia della Natura è, come pare evidente, un’urgenza, il modo si trova. Pur con approcci metodologici diversi.  Anzi, ben vengano.

Ricordando che più che l’evento eccezionale, è la costanza a dare i suoi frutti.

La scuola che frequenta mio figlio non ha grandi fondi né mezzi, ma tutti i genitori hanno approvato il progetto dei venerdì e autorizzato l’uscita con l’autobus di linea, pranzo al sacco, rientro nel primo pomeriggio. È una scelta capisci? Uno sforzo per tutti.

Uno sforzo che vale la pena!”

“Penso ai miei alunni quando disegnavamo en plein air gli alberi del giardino preparando la verifica sull’Impressionismo.

Un modo molto meno forestale, ma un tentativo, se pur timido, di uscire dalla scatola.

Non è proprio questa la lezione degli Impressionisti?

 

 

A sinistra i miei alunni disegnano alberi en plein air – a destra Claude Monet, particolare di Veduta di Rouelle, 1858.

 

Credo che questi venerdì stiano facendo gola a molti, segnalo pertanto i tuoi Forest Walk, camminate silenziose nella foresta, per tutte le età.

E ti ringrazio Susie per aver condiviso con me e con i lettori di Scuolaoltre l’esperienza di una scuola che include la Natura nel corpo docente.

Chapeau”.

 

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Come sempre capita nei primissimi giorni di scuola, quando è arrivato il momento di fare conoscenza coi ragazzi e le ragazze delle classi prime, noi insegnanti di lettere della scuola secondaria di primo grado (e non solo), ci impegniamo fin da subito a progettare percorsi di accoglienza orientati alla costituzione di un’idea di classe come comunità nella quale poter sperimentare, nell’immediato, le prime forme di conoscenza reciproca e le prime pratiche di ascolto, dialogo e condivisione.

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