
ARTICOLO SCRITTO DA: MARIA TIZIANA PERRA FORMATRICE SCUOLA OLTRE
GIOCO E APPRENDIMENTO
La didattica immersiva
Oggi le neuroscienze ci vengono in aiuto per sottolineare le potenzialità dei serious games (i giochi seri, cioè quelli con un dichiarato intento educativo) e degli ambienti virtuali in ambito didattico.
Conosciamo già il valore del gioco in ambito scolastico come strumento che permette un apprendimento efficace, duraturo e significativo in cui l’interiorizzazione di nozioni e concetti sono favoriti dalla realizzazione di esperienze emotivamente intense e gratificanti.
Occorre dire che la psicologia dell’apprendimento, ormai da una ventina d’anni ha spostato l’attenzione dalla trasmissione delle conoscenze alla costruzione di saperi e a tal proposito gli ambienti di gioco virtuale permettono di rendere più solide e durature le conoscenze e i concetti appresi ma anche di applicare le strategie e le abilità in modo da consolidare il proprio sapere e creare competenze “facendo”.
Il virtuale in ambito educativo è ormai riconosciuto come uno strumento efficace a supporto dell’insegnamento e secondo l’approccio costruttivista e ci permette di superare il metodo incentrato sull’insegnante e sul programma e di realizzare un percorso che si costruisce insieme.
Al di là delle numerose controversie legate allo studio delle dipendenze dai videogiochi (Gaming Disorder), i ragazzi passano gran parte del loro tempo sui loro dispositivi, spesso in attività non sicure e poco consapevoli e la scuola deve in qualche modo farsene carico.
Anni fa chiedevo alla mia scuola di acquistare le licenze di alcuni videogiochi educativi in lingua francese, poi ho potuto sperimentare il mondo virtuale dell’INDIRE EdMondo e ultimamente Minecraft e altri edugames.
Questi “metaversi[1]” simulano ambienti verosimili o immaginari e chi li attraversa ha la sensazione di essere totalmente immerso nel nuovo scenario. Qui, sono gli stessi studenti a progettare e a creare scenari e ambientazioni, grazie alle quali poi realizzano degli elaborati digitali anche trasversali con video, escape, fumetti, ma anche ricostruzioni storiche o architettoniche.
È in questo modo che la classe virtuale diventa un luogo di collaborazione fattiva fra tutte le componenti con lo scopo di realizzare un progetto comune e condiviso di apprendimento.
Per spiegarmi meglio vi racconto cosa è accaduto in minecraft: “Una chiesa” è stata incendiata dagli alunni per errore nell’intento di demolire più velocemente un cartello sovrastante dopo molte ore di lavoro. Man mano che il mondo cresceva, i ragazzi lo percepivano sempre più come una creazione propria, sebbene realizzata da gruppi eterogenei. A metà percorso, la soddisfazione maggiore è stata dare a ognuno di loro tutti i permessi e le autorizzazioni possibili constatando il grande senso di responsabilità dimostrato nella cura di quanto realizzato insieme.
Certamente il gioco, inteso come tecnica didattica deve essere supportato da una seria riflessione metacognitiva, programmato e proposto in modo organizzato e consapevole.
Gli educational games si chiamano così proprio perché richiedono il rispetto di specifiche regole, meccanismi e processi.
Nell’ottica di un’educazione cooperativa il gioco deve ovviamente fissare delle regole, organizzare gli spazi e gli strumenti, individuare gli obiettivi, valutare gli esiti, riflettere sulle strategie, confrontare le scelte. Pensiamo per esempio a tecniche di produzione collaborativa come il Brainstorming per l’elaborazione di idee creative e al Cooperative Learning come metodo di sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e relazionali.
Se riflettiamo sui risultati favorevoli conseguiti grazie alle attività ludiformi ci rendiamo conto che sono sempre sottese da impegno, assiduità e progressi nel raggiungimento delle mete.
Per chi come me insegna lingue, è facile dedurre come nella metodologia glottodidattica, la didattica ludica sia flessibile e adattabile, possa essere impiegata a qualsiasi livello di conoscenza della lingua e ben si armonizzi con altri approcci comunicativi. Pensiamo, per esempio ad attività di role playng simulata su copione in un mondo virtuale o allo storytelling dove spontaneità, serenità e fiducia (soprattutto in quanto personaggi mediati da avatar) favoriscono la fantasia e la creatività nella narrazione.
Infine possiamo bene immaginare la valenza didattica della progettazione e realizzazione di un gioco: in tal caso gli alunni metteranno in campo creatività, competenze e si troveranno coinvolti in problem solving, si cimenteranno nella creazione di uno story board, nella descrizione testuale degli scenari, dei personaggi e dei dialoghi, nella creazione di animazioni e si troveranno a operare scelte riguardanti il percorso del gioco, a stabilire quale sarà il suo livello di interattività e tanto altro.
Note
[1]Neal Stephenson, Snow Crash, 1992
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