
ARTICOLO SCRITTO DA: MARTA BRUSCO E ROBERTA FINAZZI FORMATRICE SCUOLA OLTRE
EDUCARE ALLA PARITÀ DI GENERE
Iniziamo con una breve panoramica sul significato di alcuni termini importanti per comprendere il tema dell’identità sessuale: identità di genere, sesso biologico, espressione di genere e orientamento sessuale. Con identità di genere si va a intendere la percezione interna, intima e personale, che un individuo ha di sé: mi percepisco uomo, donna o genderqueer (cioè coloro che non si identificano nella divisione binaria). È bene sottolineare inoltre che, come molti studiosi, tra cui Money e Ehrnardt (1972), sostengono, l’identità di genere si costruisce a partire da interazioni biologiche, psicologiche, culturali e può essere congruente o meno al sesso biologico, aspetto che viene identificato al momento della nascita in base alle caratteristiche fisiologiche corporee e alla differenziazione sessuale del cervello (Money, 1995). A tal punto, ci preme sottolineare che coloro la cui identità di genere è congruente al sesso biologico vengono definiti cisgender, mentre coloro che percepiscono una discordanza, andando oltre le aspettative sociali, vengono chiamati transgender. Quest’ultimo termine si allontana notevolmente dal concetto di Disforia di genere che invece indica un disturbo presente nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, APA 2014) che caratterizza coloro che provano una condizione persistente e una profonda sofferenza psicologica a seguito della discordanza tra l’identità di genere e il sesso biologico e desiderano modificare il proprio corpo. Si tratta quindi di un disagio che può richiedere un percorso di transizione verso il genere opposto (transessuale).
Espressione di genere indica il comportamento, l’abbigliamento, la cura di sé, gli interessi e altri aspetti indicativi del proprio processo sociale; si tratta del modo attraverso cui ciascuno di noi comunica di sé in un determinato contesto culturale, riferendosi ad alcune categorie come la femminilità e la mascolinità. Infine, con orientamento sessuale si identifica l’interesse affettivo, emotivo, relazionale e sessuale che si ha nei confronti di una persona appartenente al medesimo sesso biologico (eterosessuale), a quello opposto (omosessuale), ad entrambi (bisessuale) o nessuno (asessuale).
Uno strumento che ci risulta essere molto utile ed efficace nella spiegazione di tutti i concetti appena illustrati è l’immagine del “Genderbread”, utilizzabile anche in contesti scolastici e educativi, sia con bambini che con gli adolescenti. Si tratta di un’immagine che con semplicità rappresenta il concetto di identità sessuale tramite la figura di un omino stilizzato.
Fonte immagine: www.genderbread.org
Come si sviluppa l’identità di genere?
L’identità di genere si costruisce a partire da un’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. Quando un bambino nasce, in base al proprio sesso biologico, riceverà dall’ambiente circostante stimolazioni differenti: il nome sarà scelto in base al sesso biologico, maschio o femmina, così come il fiocchetto da appendere fuori dalla propria casa e i primi vestiti che gli verranno acquistati, ecc. Crescendo anche i giochi e gli stimoli sociali saranno differenti e spesso gli adulti, inconsapevolmente, rinforzeranno le scelte dei loro piccoli in maniera conforme al sesso biologico: sarà più facile vedere un parente e/o un amico che regala una bambola a una bambina e una macchinina a un bambino oppure proporre di vedere un cartone con protagoniste delle principesse a delle femmine e un cartone dei supereroi ai maschi. Anche rispetto a emozioni e comportamenti si sente ancora la differenza tra maschi e femmine, non è raro sentire «non piangere, le femminucce piangono» o «non fare il maschiaccio», riferendosi a bambine che corrono, si sporcano, saltano e si lanciano.
Capita, talvolta, di sentire anche richieste di bambini e adolescenti non conformi al loro sesso biologico, è tutto normale ed è giusto che ognuno segua la sua inclinazione, le sue preferenze e, soprattutto, sperimenti sé stesso: dev’essere considerato naturale, per esempio, accogliere la passione di una femmina nel giocare a calcio, così come di un maschio nel voler danzare.
Sono atteggiamenti e comportamenti spontanei, da non ostacolare o punire, in quanto non necessariamente rappresentativi del prossimo sviluppo sessuale. Lasciare un bambino o un ragazzo libero di sperimentarsi, per esempio guardando un cartone o film tipico dell’altro sesso biologico, gli permetterà di scoprirsi e di trovare il proprio stato di benessere.
Lo psicologo canadese Bandura (1977) spiegava come l’imitazione e il modellamento fossero meccanismi base nello sviluppo del comportamento di genere, in quanto il bambino osservando l’adulto e il gruppo dei pari è portato a prestare attenzione e copiare coloro che appartengono al suo medesimo sesso biologico. A questo meccanismo si aggiunge anche il rinforzo vicario, secondo cui alcuni comportamenti, a discapito di altri, vengono rinforzati dalla cultura di appartenenza e dai processi sociali.
Lo psicologo statunitense Kohlberg (1966), parlando di teoria evolutiva – cognitiva, negli anni ’60 spiegava tre fasi dello sviluppo del ruolo di genere: verso i 3 anni i bambini riconoscono il proprio genere, apprendono quindi a identificarsi come maschi o femmine; successivamente capiscono che esso è stabile e, infine, entro il compimento dei 7 anni comprendono che esso non è legato né alle caratteristiche esteriori né al modo di comportarsi.
I ruoli di genere e il contesto scolastico
Per osservare il grande cambiamento dei ruoli di genere avvenuto all’interno della società basta focalizzarsi sulla composizione e sull’organizzazione presente all’interno della famiglia. Si è passati da ruoli chiari e ben definiti a ruoli maggiormente flessibili e, in taluni casi, da ridefinire con chiarezza. In passato il padre era considerato colui che si dedicava prevalentemente al lavoro e gestiva l’economia familiare, mentre la madre colei che si dedicava alla cura dei figli e della casa. Oggi, invece si sente parlare di genitori con ruoli sempre più flessibili, che cercano di amalgamarsi al meglio per il bene delle coppie e dei figli: entrambi tendono a essere entrambi responsabili dell’educazione dei figli, del sostentamento familiare, ecc. È bene sottolineare anche come in questi anni la composizione della famiglia stia cambiando: si sta iniziando a riconoscere come coppia genitoriale anche adulti appartenenti al medesimo sesso.
In famiglia sarebbe utile comunicare e confrontarsi rispetto ai diversi ruoli familiari. Ci sono ancora situazioni in cui il papà si occupa principalmente del lavoro e la mamma dei figli e della casa, come in passato, e quindi ci si stupisce quando si incontrano equilibri familiari fatti di scambi di compiti: un papà che lava i pavimenti o carica e avvia le lavatrici e una mamma che si occupa dell’economia familiare.
L’imparare a costruire una comunicazione chiara, aperta e sincera è un’abilità che ogni giorno, insegnanti ed educatori, all’interno del contesto scolastico, possono sviluppare assieme ai propri alunni. Si potrebbe, per esempio, stabilire chi è l’alunno della settimana o del mese che si occupa delle fotocopie, chi è portavoce dei problemi della classe, chi si occupa di vedere la disponibilità delle aule per la lezione di informatica o di lingue straniere, mantenere la pulizia dei banchi o ancora il responsabile del riordino dei quaderni. Già lo fai? Hai provato a sottolineare e intavolare con i tuoi alunni i compiti differenziati in base al genere? Prova a chiedere ai tuoi bambini di disegnare un bambino e una bambina, poi chiedi loro il motivo per cui li hanno rappresentati in quel modo, perché la bambina ha la coda o perché il bambino indossa una maglietta blu, ecc. Falli poi riflettere sul fatto che un bambino può avere i capelli lunghi e la bambina corti, che la maglia del bambino può essere fuxia, e così via. Poi chiedi loro di rappresentare un nuovo bambino e una nuova bambina.
Per stimolare riflessioni all’interno di classi della scuola secondaria, diamo loro il compito di realizzare interviste ai propri nonni e ai genitori in merito alla famiglia, al suo funzionamento, ai ruoli, anche in situazioni di separazione. Sarebbero ottimi spunti di partenza, un’occasione di confronto e dialogo all’interno del contesto classe, che potrebbe portare i ragazzi a una maggior consapevolezza. Anche attività di ricerca dei significati e delle parole sopra indicate potrebbe essere un buon modo di introdurre l’argomento e avviare una discussione in cui saranno i ragazzi i protagonisti e tu insegnante unicamente il moderatore. Visionare immagini di persone omosessuali e transgender, chiedere loro cosa provano, cosa vedono ritratto nella foto.
Un altro tema da prendere in considerazione è la violenza di genere. Si tratta di persone, discriminate in base al sesso, picchiati, violentati e, talvolta, anche uccisi perché tali nel loro genere. Si tratta di vicende agghiaccianti che ci portano a porci numerose domande sul perché è successo, su come ha fatto a succedere, su come amici e parenti non abbiano potuto accorgersi del disagio, ecc. Si può, per esempio, proporre a un gruppo classe delle scuole medie o superiori di rivedere insieme uno spezzone del telegiornale oppure leggere un articolo riportato sul giornale, per poi proporre un momento di dibattito e riflessione libera o guidata da domande stimolo.
Indubbiamente quello che va fatto in aula e in casa è parlare, condividere e riflettere. Nascondere e omettere non permette ai ragazzi di essere consapevoli della realtà e di proteggersi da alcune situazioni. I fatti di cronaca sono un’occasione speciale per accompagnare i giovani consapevoli e rispettosi di sé stessi e dell’altro. Anche alcune trasmissioni televisive possono essere prese in considerazione per trattare temi tanto importanti, entriamo nel mondo dei giovani e partiamo da ciò che appassiona loro per coinvolgerli.
Bibliografia
American Psychiatric Association (APA) (2014), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano
Bandura (1977). Social learning theory, Englewood Cliffs, Prentice Hall, New Jersey.
Money (1995). Gendermaps: social constructionism, feminism, and sexosophical history, Continuun, New York.
Money e A.A. Ehrnardt (1972). Man and woman, boy and girl, the differentiation and dismorphism of gender identity from conception to maturity, The John Hopkins University Press, Baltimora.
A. Kohlberg (1966). “A cognitive-developmental analysis of children’s ses-role concepts and attitudes”, in E.E. Maccoby, The development of sex differemces, Standford University Press, Standford, CA.
Bernorio, G. Mori, F. Casnici, G. Polloni (2020). L’approccio diagnostico in sessuologia (pp. 200-213). FrancoAngeli.
0 commenti