
ARTICOLO SCRITTO DA: FEDERICA TESTA, ROBERTA FINAZZI FORMATRICE SCUOLA OLTRE
DSA: DIFFICOLTÀ E STRATEGIE DI APPRENDIMENTO
Che cosa è il Disturbo Specifico dell’Apprendimento?
Certamente siete a conoscenza di cosa si intenda per DSA, ma facciamo un brevissimo viaggio per completezza di informazioni.
Si parla di Disturbo Specifico dell’Apprendimento riferendosi a difficoltà lievi, moderate o gravi nell’apprendimento e nell’uso di abilità scolastiche, si tratta di alunni di lingua italiana, che manifestano delle problematiche già a partire dai primi anni della scuola primaria, tali difficoltà riguardano una popolazione quantitativamente significativa. Il disturbo porta a una riduzione del rendimento scolastico, questo a sua volta provoca l’abbandono degli studi e una ridotta affermazione a livello sociale e lavorativo.
Il Disturbo Specifico dell’Apprendimento colpisce le abilità strumentali degli apprendimenti scolastici, alla cui base sembrano esserci delle disfunzioni neurobiologiche che ostacolano il normale processo di acquisizione di lettura, scrittura e calcolo; a tali alterazioni si intrecciano fattori ambientali, ambito fondamentale rimane quello familiare, che può aggravare il disturbo.
Il Disturbo Specifico dell’Apprendimento è suddiviso in quattro sottogruppi: dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia.
Molto spesso tali problematicità presenti nell’assimilare i concetti di base non vengono individuate precocemente; questo porta a una serie di insuccessi scolastici. Solitamente risultati didattici insoddisfacenti vengono attribuiti a scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività e alla distrazione. Gli alunni per queste ragioni si sentono responsabili e colpevoli. L’insuccesso genera scarsa autostima, demotivazione all’apprendimento e manifestazioni particolari a livello emotivo-affettivo; le reazioni sono però soggettive, talvolta possono essere internalizzate (compaiono ansia e agitazione interna), altre volte esternalizzate (come eventi rabbiosi e aggressivi).
Il funzionamento dei DSA
Risulta molto importante considerare il funzionamento degli alunni DSA per poter riflettere sulle differenze individuali e su ciò che questo comporta a livello di didattica. Ogni studente deve avere i mezzi necessari per studiare e per autorealizzarsi. Riflettiamo quindi sul modo in cui i singoli acquisiscono ed elaborano informazioni, come funziona individualmente la persona e quali modalità di apprendimento utilizza. Per questa ragione è importante alle volte tralasciare gli errori commessi e focalizzarsi sulle potenzialità del singolo individuo. Bisogna essere in grado di capire quali sono le modalità di apprendimento del ragazzo, in modo tale che riesca a sviluppare, con il vostro aiuto, un comportamento strategico, potenziando al contempo l’attitudine alla metacognizione. L’acquisizione di un metodo di studio efficace dipende infatti dallo sviluppo di un atteggiamento metacognitivo, che ha lo scopo di individuare le strategie più funzionali alla propria modalità di apprendimento.
Adesso vedremo in breve come i ragazzi con un disturbo dell’apprendimento funzionano in ambito scolastico. Questi alunni hanno un atteggiamento orientato alla prestazione, non monitorano le loro attività in quanto lo considerano una perdita di tempo; l’approccio alle diverse materie è tendenzialmente abitudinario; lo studio è privo di strategie utili per la comprensione e il ricordo, i collegamenti interdisciplinari sono scarsi, le immagini sono trascurate e per ricordare quanto studiano tendono a ripetere finché non imparano il testo quasi parola per parola. Sono molto spesso disordinati e hanno difficoltà nell’organizzazione dello studio e nella percezione del tempo; di fronte a situazioni nuove reagiscono in modo disorientato e agitato.
Il deficit nell’automatizzazione è uno degli aspetti che più condiziona la modalità di apprendimento dell’alunno DSA. Il fatto di non avere delle abilità di base autonome (lettura, scrittura e calcolo) allunga i tempi utilizzati per svolgere i compiti, causa un maggiore dispendio di energie e un minore livello di accuratezza, le risorse attentive si consumano rapidamente, per questo molto spesso il lavoro assegnato, viene abbandonato.
Gli studenti DSA, risultano, a causa di queste carenze, poco motivati nello studio e appaiono così senza entusiasmo e passivi. Non è però sempre vero che un bambino o un ragazzo che non si applica nello studio è uno studente privo di motivazioni: egli potrebbe aver sviluppato comportamenti disfunzionali, che lo spingono ad assumere un atteggiamento negativo o di rifiuto verso alcune attività. Questi aspetti non dovrebbero mai essere sottovalutati perché sono il “motore” che guida gli studenti; la scuola non dovrebbe solo fornire nozioni, ma anche guidare gli allievi allo studio e, soprattutto, prepararli alla vita. I metodi tradizionali di insegnamento risulteranno sempre inefficaci con chi ha una diagnosi di DSA. È importante quindi trovare delle strategie alternative, che permettano agli alunni di apprendere al meglio, senza frustrazioni, né cali motivazionali.
Quali strategie si possono adottare per rendere il percorso scolastico più semplice?
Oltre alle tecniche classiche presenti solitamente nei PDP degli alunni con DSA, si dovrebbero quindi adottare, di comune accordo altre strategie, per permettere agli allievi di apprendere con maggiore facilità e motivazione:
- Una delle tecniche più conosciute è la costruzione di schemi e mappe cognitive. Questi strumenti logico-visivi permettono di avere delle modalità di elaborazione delle informazioni che portino lo studente a saper gestire il materiale da studiare. Le mappe sono molto utili per gli alunni DSA perché li aiutano a memorizzare e a richiamare alla memoria, sfruttando principalmente la memoria visiva; introducono nuovi concetti in maniera organizzata e consentono di creare un discorso intorno al materiale nuovo; minimizzano, infine, alcuni punti deboli dei DSA (lentezza nella lettura, scarsa organizzazione delle idee, difficoltà a comprendere ciò che è esposto all’interno del testo…). Le mappe però, se non vengono costruite ad hoc, potrebbero avere l’effetto contrario e quindi confondere e distrarre il ragazzo, non permettendo quindi di effettuare uno studio solido. Si dovrebbe per questa ragione accompagnare gli alunni nella costruzione di questi strumenti, specialmente nei primi anni della scuola primaria, in quanto la realizzazione potrebbe risultare molto complessa. Anche l’apprendimento da più prospettive potrebbe causare confusione, avere una mappa fatta a scuola dall’insegnante, la parte più discorsiva scritta dall’alunno, appunti presi dalla mamma o dal papà, genera confusione e rende difficile il processo di memorizzazione fotografica per il recupero delle informazioni. Questi studenti hanno bisogno di linearità e chiarezza.
Come fare? Individuare con gli alunni, attraverso una discussione, il concetto di partenza; con l’aiuto di un brainstorming raccogliere i concetti che dovranno poi essere introdotti all’interno della mappa; togliere ciò che risulta superfluo, facendogli capire il perché e, infine, creare dei collegamenti che funzionino e siano efficaci. Revisionare la mappa e modificare eventuali aspetti poco chiari.
Le parole o le frasi utilizzate devono essere semplici, in modo tale che quando gli alunni rileggono quanto scritto lo ricordino in maniera immediata; usare colori e/o immagini rende il concetto più memorizzabile e facilmente richiamabile all’occorrenza.
- Tutoring tra pari: è un insegnamento reciproco, che avviene tra due persone della stessa età. Ciò è possibile grazie a due figure: il tutee ( = la persona che riceve l’insegnamento) e il tutor ( = colui che insegna). Si parla di apprendimento reciproco perché tale tecnica non è utile solamente per il tutee, il quale può apprendere in modo più individualizzato, essendo sempre coinvolto attivamente e attraverso un monitoraggio continuo, ma anche per il tutor perché egli può consolidare le sue conoscenze, riformulando concetti già conosciuti e facendo una riflessione metacognitiva sui contenuti (quale argomento può risultare più difficile? Come renderlo più semplice agli occhi dell’altra persona?).
Il tutoring va a rafforzare anche alcuni aspetti sociali in entrambi gli individui: il tutee infatti consolida la sua autostima in quanto riesce a imparare in maniera più semplice e stimolante e allo stesso tempo instaura un rapporto di amicizia con l’altra persona. A sua volta il tutor prova un senso di orgoglio, autoefficacia e responsabilità, sviluppa abilità come cooperazione e supporto e, infine, migliora la sua comprensione dei processi di insegnamento e del punto di vista degli insegnanti.
- Una tecnica simile a quella appena descritta è chiamata “apprendimento collaborativo”, in questo caso vengono svolte attività di apprendimento in piccoli gruppi, questi esercizi possono essere di supporto alla spiegazione (per esempio alla fine di ogni lezione vengono lasciati 10 minuti in cui gli alunni si dividono in piccoli gruppi e cercano di trovare una risposta a delle domande che l’insegnante ha posto) o di supporto allo studio (per esempio gli alunni possono farsi delle domande o interrogarsi sull’argomento appena spiegato in modo tale da consolidare le conoscenze).
Queste esperienze, a coppie o in piccoli gruppi, sono molto utili per passare nozioni in modo più divertente e attivo. Gli studenti DSA ne possono trarre enorme beneficio, perché apprendere divertendosi è essenziale, anche perché si sentono utili all’interno del gruppo, dando il loro contributo nonostante le difficoltà che hanno e a livello sociale è importante in quanto fanno parte di un gruppo che lavora per arrivare a un obiettivo. Queste attività devono essere ovviamente costantemente monitorate da un adulto affinché si possano raggiungere degli obiettivi comuni e perché portino a benefici individuali e di gruppo.
- Utilizzo di tecnologie all’interno della didattica: lavagna interattiva multimediale, computer o tablet per gli studenti, sintesi vocali. Queste facilitano e valorizzano il canale visivo e l’integrazione visuo-uditiva. Gli studenti possono così creare elaborati, power point, mappe, che vengono utilizzati in un secondo momento per lo studio individuale. L’utilizzo di mezzi tecnologici potrebbe aiutare i ragazzi DSA a essere più organizzati e a disperdere meno risorse, in quanto il procedimento di presa appunti e successivamente di studio può risultare più immediato e semplice.
In qualità di insegnante è possibile sintetizzare il materiale, rendendolo più immediato, sintetico ed intuibile agli occhi di tutti.
Si dovrebbe infine utilizzare una didattica che sia il più possibile metacognitiva, questa implica un ragionamento con gli alunni: oltre a spiegare il concetto, il compito dovrebbe essere quello di chiarire perché è importante studiarlo, come fare per ricordarlo meglio, chieder loro se hanno già delle conoscenze circa l’argomento, cosa ne pensano, includerli nella spiegazione. Permette una partecipazione più attiva alle lezioni, in modo che diventino più consapevoli, strategici e autoregolati. Naturalmente è una tecnica utile per tutti, ma diventa ancor più importante per gli alunni con BES, in quanto dovrebbero uscire dalla lezione più consapevoli, autonomi e motivati a studiare. Questa tecnica permette di approfondire il loro sapere e di applicarlo concretamente agli aspetti della loro vita. Gli alunni DSA potrebbero apprendere come studiare in maniera più strategica, auto-monitorandosi anche perché facendo un’esperienza più diretta possono comprendere meglio il materiale che hanno davanti agli occhi.
Bibliografia
Barbera, F. (2020). Ti insegno come io ho imparato. Suggerimenti e strategie didattiche da un maestro con DSA per studenti con DSA. Centro studi Erickson
Pratelli, M., & Rifiuti, F. (2016). I bisogni educativi speciali: diagnosi, prevenzione e intervento. FrancoAngeli.
Zambotti, F. (Ed.). (2019). BES a scuola: i 7 punti chiave per una didattica inclusiva. Centro studi Erickson.
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