Cyberbullismo, fra ragazzi

ARTICOLO SCRITTO DA: MARTA BRUSCO E ROBERTA FINAZZI  – FORMATRICI SCUOLA OLTRE

 

Oggi giorno un fenomeno molto diffuso tra gli adolescenti è il cyberbullismo: parola entrata a far parte del nostro vocabolario solo negli ultimi anni, con l’avvento dell’uso della tecnologia anche nella vita quotidiana. Osservando l’etimologia della parola, essa definisce il “bullismo in internet”: un bullismo online che spesso agisce silenziosamente e di nascosto dagli occhi della comunità reale. A differenza del fenomeno del bullismo, il focus del cyberbullismo non è su atteggiamenti fisici, aggressivi e violenti, ma sull’aggressività psicologica che avviene attraverso lo scambio di insulti, offese e l’uso della manipolazione. Talvolta questi due fenomeni vanno a sovrapporsi trovando così episodi di bullismo pubblicati sul web.

Focalizzandoci sul fenomeno del cyberbullismo, si osserva che dietro lo schermo di un pc, tablet e smartphone, spesso si rischia di sottovalutare la propria responsabilità in merito a quanto si scrive, si dice e si pubblica. Si pensa di poter cancellare quanto pubblicato quando si vuole, ma purtroppo non è così: quanto si fa sul web, lascia una traccia. Ed è proprio questa percezione di mancanza di responsabilità che porta spesso i ragazzi a mettere in atto fenomeni quali il cyberbullismo. Tra i vari aspetti che lo incentivano troviamo anche: la possibilità di creare identità false online, l’anonimato, il distanziamento percepito tra il mondo reale e quello virtuale e la possibilità di essere connessi 24 ore su 24 e in ogni luogo.

I canali attraverso cui si diffonde questo fenomeno sono vari, dagli sms, alle telefonate anonime ed email, dall’uso di chat-room ai social network, dall’invio di foto e video reali a quelli modificati.

Le tipologie di cyberbullismo presenti sul web sono differenti, alcune le illustriamo in seguito:

  • flaming: invio online di messaggi volgari e violenti;
  • outing: pubblicazione online di video, foto o dati della vittima senza o contro il suo consenso;
  • furto d’identità: rubare informazioni sulla vittima, come password e account, con lo scopo di sostituirsi a lei, compiere azioni illecite o diffondere materiale personale;
  • cyberstalking: invio di messaggi e minacce persecutorie con l’obiettivo di generare paura per l’integrità fisica della vittima;
  • cyberbashing: pubblicazione di video di episodi di bullismo, di cui ne viene incentivata la condivisione e le visualizzazioni;
  • denigrazione: diffusione di materiale ritraente la vittima, come immagini e video, che non sempre corrispondono al vero, con lo scopo di ridicolizzarla, danneggiare la sua reputazione e le sue amicizie;
  • phishing: convincere la vittima attraverso l’uso dell’inganno a condividere informazioni personali;
  • esclusione: volontaria esclusione della vittima da un gruppo di coetanei, da una chat, da un video game o da varie piattaforme del web.

Chi sono quindi i suoi principali protagonisti? Il bullo o il gruppo dei bulli, la vittima e gli spettatori.

Per spiegare queste differenti figure è necessario fare una breve introduzione sulla relazione che intercorre tra gli adolescenti e internet nell’era digitale. I ragazzi oggi hanno un forte bisogno di costruire la propria identità sociale sperimentandosi nel mondo esterno; un mondo in cui la realtà viene divisa in reale e virtuale e che talvolta ne rende difficile un’integrazione positiva. La costruzione della propria identità sociale è una tappa importante per lo sviluppo; i ragazzi hanno bisogno di sentirsi riconosciuti e appartenenti alla comunità.

A tal punto, spesso, atti di bullismo e aggressività vengono utilizzati da coloro che assumono il ruolo di bulli per affrontare i propri compiti evolutivi, come la costruzione della propria identità sociale. La mancanza di relazioni con adulti sufficientemente affidabili e di un contesto di riferimento di contenimento, senza regole e disattento, sono ulteriori fattori che potrebbero influenzare notevolmente queste dinamiche. Si è osservato che spesso, a parere dei bulli, le vittime sono identificate come deboli e fragili: la paura della fragilità altrui, la mancanza di consapevolezza dei limiti può portare ad agire atti di superiorità e sentimenti di frustrazione verso la vittima, che viene considerata come diversa e inadatta. A tal proposito sembrerebbe dunque, che i ragazzi che assumono il ruolo di bullo hanno un funzionamento morale distorto: prevale la componente narcisistica e viene meno l’empatia, la capacità di comprendere le difficoltà altrui.

Ecco che allora risulta di fondamentale importanza condurre dei lavori di conoscenza di sé, di espressione delle proprie caratteristiche, dei propri talenti e delle proprie difficoltà per confrontarsi poi all’interno del gruppo di pari e lavorare sull’accettazione, il rispetto e l’empatia.

Anche per quanto riguarda la vittima è importante avere un contesto di supporto e di contenimento; altrimenti, si rischia di porre poca attenzione al silenzio e ai sintomi, che possono non essere riconosciuti e visti come espressione di atti di cyberbullismo, come vedremo in seguito. Inoltre la vittima può sentirsi ulteriormente sola se gli spettatori non intervengono a suo sostegno.

Il loro ruolo di quest’ultimi spesso viene sottovalutato, ma in realtà si rivela essenziale tanto per poter portare avanti l’obiettivo del bullo, quanto per poter dare alla vittima l’occasione di poter uscire da questo loop. Il pubblico si distingue in passivo e attivo: la prima tipologia è caratterizzata da coloro che visionano solo il materiale, mentre la seconda da chi scarica, mette il proprio “mi piace” e commenta quanto pubblicato. Entrambi i gruppi, però, tendono a rimanere in silenzio di fronte a quanto osservano, distanziandosi sia a livello emotivo che fisico. La paura di non essere capaci di affrontare la situazione, di fallire e subire possibili ripercussioni, immobilizza e non permette loro di prendere in mano la situazione con determinazione. Solo conoscendo le proprie fragilità, la propria capacità di far fronte agli ostacoli, ed eventualmente fallire e rialzarsi, essi potrebbero riuscire ad aiutare i propri amici e compagni vittime di bullismo.

In conclusione, si può evidenziare come online questi ruoli non sono sempre stabili e fissi, ma talvolta possono invertirsi: per esempio il bullo o gli spettatori possono diventare vittime a loro volta.

Sensibilizzare, dialogare e aprire il campo su questo argomento è importante per permettere ai ragazzi di parlare. La visione di film, la lettura di libri o articoli di cronaca possono sempre essere dei buoni punti di partenza per riuscire ad instaurare conversazioni con sé come protagonista.

Come poter aiutare i ragazzi che si trovano o che potrebbero trovarsi in queste situazioni? Quali sono i campanelli d’allarme? Quali sono le strategie più adeguate di intervento precoce? Come possiamo intervenire noi adulti?

Focalizzandoci sui sintomi e i campanelli d’allarme dobbiamo fare riferimento in primis a quanto evidenziato sopra: per esempio sui contesti in cui i ragazzi si trovano a vivere, su quanto siano supportivi, di contenimento e insegnino ad affrontare la vita con consapevolezza, accettando i limiti e le fragilità proprie ed altrui. Inoltre, i sintomi più comuni, che si osservano nei ragazzi vittime di bullismo spaziano dalla depressione, ansia, bassa autostima (sintomi psicologici) a condotte a rischio e devianti, all’abbandono scolastico (sintomi sociali) ed infine a problemi fisici, come mal di pancia, emicranie ecc. A volte arrivano anche a mettere in atto il suicidio, quando percepiscono la loro vita senza senso, senza ragione di continuare ad essere vissuta. Viene percepito come una vendetta contro i responsabili di quanto stanno vivendo; alcuni si filmano anche per lasciare traccia e diventare “visibili”.

Infine, è possibile osservare che spesso i ragazzi che si trovano in queste situazioni cercano di inviare piccoli segnali ai propri adulti di riferimento (genitori, insegnanti, educatori): c’è chi tende a chiudersi in sé, vergognandosi, chi attua piccoli cambiamenti quotidiani e chi fa richieste d’aiuto esplicite. È importante riuscire a cogliere questi aspetti con un ascolto attivo e un’osservazione costante, senza minimizzare ciò che il ragazzo manifesta.

Come si intravede in queste righe la comunicazione scuola-famiglia svolge un ruolo di rilievo nella nostra società, così come tutti i momenti di confronto e di riflessione: ogni occasione è preziosa per far conoscere il fenomeno del cyberbullismo per discuterne con e tra i nostri ragazzi, per aiutarli a non vergognarsi dei propri limiti, per incoraggiarli a raccontare chi sono, cosa accade nelle loro vite e ad avanzare richieste d’aiuto. A tal punto sarebbe opportuno incentivare progetti scolastici e comunitari, come per esempio in associazioni e oratori, in modo tale da promuoverne la conoscenza e l’uso consapevole delle tecnologie digitali.

In classe è possibile anche proporre la “scatola del confronto” dove poter inserire in modo anonimo foglietti con domande, riflessioni, stati d’animo o racconti riguardanti la relazione con compagni e coetanei. Crediamo sia importante non canalizzare unicamente le idee sugli aspetti negativi ma lasciare libertà e lanciare l’invito a condividere anche momenti felici di condivisione, accettazione e cooperazione. L’insegnante avrà poi modo, periodicamente di controllare gli scritti e realizzare un dibattito, un compito, un tema, qualunque attività possa crearsi a partire dalle vite dei ragazzi.

In conclusione, è bene ricordare che in Italia esiste la legge 71/2017 contro il bullismo e cyberbullismo, la quale incentiva la prevenzione, la tutela, l’informazione e un piano educativo sia per le vittime che per coloro che svolgono il ruolo di bulli.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Battaglia A. (2016). Cyberbullismo: il nuovo male oscuro. Velar Marna.
  • Lancini M. (2019). Il ritiro sociale negli adolescenti: la solitudine di una generazione iperconnessa (pp. 119-135). R. Cortina.

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