
ARTICOLO SCRITTO DA: ANNA PIRATTI FORMATRICE SCUOLA OLTRE
BUONI PROPOSITI
Comincia un nuovo anno e si fanno i buoni propositi di rito: dalla dieta, all’attività sportiva, a meno smartphone più libri, al non comprare cose superflue, fino al super classico: smettere di procrastinare.
A proposito di questo ultimo, segnalo il TED talk del blogger americano Tim Urban dal titolo Nella mente di un maestro della procrastinazione.
L’autore del blog Wait but Why sostiene che siamo tutti procrastinatori e divide la procrastinazione in due tipi.
Quella a breve termine per la quale, a ridosso di una scadenza (la consegna di un dossier per esempio), ci risvegliamo dall’inerzia in preda al panico e in poco tempo facciamo ciò che non si è fatto prima.
E una più insidiosa, a lungo termine, priva di scadenze precise.
È tipica delle libere professioni o delle situazioni precarie dove si deve per forza iniziare qualcosa affinché si manifesti un progetto che sortirà una scadenza. Qui non c’è certezza del risultato. È lo stesso tipo di procrastinazione che ci vede posporre nel tempo la realizzazione dei propri sogni, non solo professionali, anche umani e relazionali fino a rinunciarvi perché è troppo tardi.
Dice Tim Urban “(…) è questo tipo di procrastinazione a lungo termine (…) che viene sofferta in modo silenzioso e privato. E può essere la fonte di una grande scontentezza e di rimpianti.”
Il blogger non da soluzioni sul come affrontarla, mostra tuttavia l’eloquente immagine di quello che chiama il calendario della vita. Una casella per ogni settimana di una vita di 90 anni e commenta “Non sono poi così tante caselle, soprattutto perché ne abbiamo già usate diverse! Credo che dobbiamo guardare attentamente e a lungo a questo calendario.”
L’esercizio è quello di riempire le caselle già vissute così da stimolare quell’urgenza che ci prende a ridosso di una scadenza, anche se una scadenza non c’è.
Il tempo passa le caselle si riempiono… intendo realizzare quel progetto sì o no?
Seguendo la riflessione di Tim Urban il buon proposito per questo nuovo anno, dal quale tutti gli altri apparentemente dipendono, è chiedersi: “In quale aspetto della mia vita sto procrastinando?”.
Stampare il calendario, attaccarlo al frigo, cominciare a riempire le settimane e trovarci un senso.
Sembra più difficile di una dieta drastica o di un programma fitness dinamico, perfino del digiuno da Internet.
Che ansia!
Questo interrogarsi ha tuttavia aspetti incoraggianti: smorza l’idea del tempo scandito in anni anagrafici, volati via e che non tornano, treni persi, risultati ormai inarrivabili e via discorrendo. Ridimensiona, infondendo realismo, il motto andrà tutto bene.
Siamo quotidianamente smentiti da variabili e varianti che ci esortano se non costringono a una elasticità mentale alla quale non siamo mai stati abituati.
Prendiamo per buono questo allenamento, usiamo l’incertezza, cavalchiamo l’ironia di questa celebre vignetta di Altan del 2012.
Con tutto ciò non dimentichiamo che procrastinare è un lusso.
Molte persone nel nostro Paese per condizioni educative, ambientali e sociali vivono ai margini di quel calendario della vita.
Questi ultimi, uomini e donne, trovano voce nel saggio della giornalista Valentina Furlanetto Noi schiavisti: Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa edito da Laterza.
Uno spaccato sulle condizioni di lavoro di categorie professionali che sostengono la nostra economia, dal settore agroalimentare alle consegne a domicilio e sulla difficoltà di spezzare un meccanismo di sfruttamento di cui tutti, sfruttati e sfruttatori sono vittime.
Non un libro senza speranza, al contrario, una guida per prendere coscienza.
Un libro che fa parlare gli invisibili.
“Solo braccia” opera di Alessandro Tricarico, realizzata in memoria di 16 braccianti morti a Foggia – poster art https://www.alessandrotricarico.com/ Foto di ©Piermaria Solazzi
Chi pensa di stare procrastinando qualcosa, la scrivente in primis, ne ha facoltà e parte da una posizione di vantaggio. Anche se si sente il mondo sulle spalle, rispetto al peso di altri mondi non è che un peso piuma.
“Slaveroo” opera di Cristina Donati Meyer, realizzata a Milano per denunciare le pesanti condizioni di lavoro dei riders – street art @cristinadonatimeye Foto dal web.
Allora coraggio, investiamo ciò che abbiamo già.
Bando ai buoni propositi che si infrangono a carnevale, facciamo un piano a lungo termine.
Settimana dopo settimana, casella dopo casella, manifestiamo il nostro potenziale!
I maggiori beneficiari di questo sforzo di volontà personale e sociale, sono le generazioni dei più giovani. Ci guardano talvolta disorientati.
A essi dobbiamo esempi di libertà.
Buon Anno!
“Happy New Year. The Change Starts Here” opera di NME, realizzata a Dawlish in Inghilterra – stencil art @Nme1 Foto dal web.
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