Premessa

Generalmente si utilizza l’espressione “metodologie didattiche” per indicare sia l’insieme dei metodi utilizzati nella ricerca pedagogica sia le diverse modalità di insegnamento-apprendimento che possono essere attuate dal docente in classe. Scuola Oltre al termine “metodologia” preferisce quello di “approccio”, proprio per dare enfasi ad un aspetto imprescindibile del “fare didattica”, ovvero la flessibilità. Il docente sa bene che deve saper adattare il proprio modo di insegnare in base alle caratteristiche della classe e dei singoli alunni, oltre che alle concrete situazioni che si trova di fronte. Solo in questo modo lo studente sarà realmente al centro del processo di apprendimento.
Tutti gli “approcci didattici” dei nostri formatori valorizzano la didattica attiva, laboratoriale e inclusiva, in grado di ascoltare i bisogni e i desideri degli alunni, di valorizzare le loro intelligenze e di sviluppare i talenti.
Si tratta, infine, di “approcci” interdisciplinari volti a promuovere il confronto e il dialogo tra discipline, ma anche tra studenti e docenti, in modo creativo e partecipativo. Questo perché crediamo che la scuola oggi debba educare non solo al “saper fare”, ma anche al “saper essere”. Ciò significa che accanto alla promozione delle competenze di vita (life skills), occorre affiancare un orientamento valoriale in grado di promuovere una cittadinanza planetaria, basata sull’ascolto e sul rispetto dell’Altro, così come del proprio Pianeta.

I nostri approcci didattici













Questo approccio caratterizza tutte le formazioni di “Scuola Oltre”, le quali mirano a valorizzare la didattica attiva, che pone lo studente al centro del processo di apprendimento. Questo parte da esperienze concrete, laboratoriali, compiti di realtà che simulano situazioni di vita quotidiana volte a superare lo scollamento tra sapere scolastico e vita reale. Flessibilità si pone come parola d’odine: l’aula diviene un’officina, dove si ricerca, si scopre, si agisce, si opera, si costruisce, si progetta all’interno di un “contenitore” chiamato scienze, matematica, storia, geografia, italiano e così via, e dove linguaggi trasversali come la musica, l’ironia, il gioco, l’arte e la creatività in tutte le sue forme, costituiscono il metodo di lavoro in grado di dialogare con tutte le discipline.
I riferimenti pedagogici sono molteplici, vanno da Dewey a Vygotskij, da Pestalozzi alla Montessori, da Steiner a Don Milani, tanto per fare qualche esempio).
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Il termine letteralmente significa “il tempo del cerchio”. Si tratta di una metodologia ideata negli anni ’70 da Abraham Maslow e Carl Rogers, psicologi statunitensi di fama mondiale. È sicuramente la metodologia più conosciuta e utilizzata dagli insegnanti che hanno così modo di osservare atteggiamenti, dinamiche, sguardi e tutte una serie di aspetti della comunicazione non verbale dei propri studenti. Questi ultimi vengono posizionati in cerchio e invitati a confrontarsi con i propri compagni. Si tratta infatti di uno strumento fondamentale per insegnare loro a lavorare in gruppo. In generale è un approccio ideale anche per rafforzare le competenze sociali e avvicinare emotivamente le persone. In questo senso è importante per la risoluzione dei conflitti.
L’apprendimento cooperativo ha le proprie basi nella pedagogia attiva, nel costruttivismo, nella psicologia umanistica e nella psicologia sociale. Si basa sulla collaborazione e interazione degli studenti all’interno di un gruppo al fine di raggiungere un obiettivo comune. Si tratta di una modalità specifica di apprendimento che si contrappone alla lezione frontale, dove si ha una trasmissione unidirezionale del sapere, per favorire al contrario l’interazione e l’apprendimento in piccoli gruppi. Tutti gli studenti agiscono in modo collaborativo, responsabile e inclusivo. Risulta fondamentale per imparare ad aiutarsi reciprocamente e sentirsi responsabili del reciproco percorso. Ideale per sviluppare abilità e competenze sociali.
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La metodologia del Service Learning (Apprendimento-servizio) consente di apprendere a partire dall’esperienza vissuta all’interno di un contesto reale e, allo stesso tempo, partecipare alla vita della comunità offrendo servizi e compiendo azioni concrete a favore della comunità stessa. In questo modo si riduce la distanza tra l’apprendimento e la vita reale, in una logcia di sviluppo delle competenze di cittadinanza attiva e di apprendimento permanente, da cui non può prescindere il benessere individuale e collettivo. Apprendere è l’obiettivo primario degli studenti che si ritrovano ad avere un ruolo attivo in grado di rispondere ai reali bisogni della comunità. In Italia il massimo esperto di questa metodologia è Italo Fiorin, il quale propone di inserirlo all’interno di un curricolo e di affrontarlo in un’ottica interdisciplinare.
La traduzione italiana di questi due termini è “classe capovolta”. Si tratta di un approccio didattico nato negli Stati Uniti circa venti anni fa. La sua particolarità sta nell’intuizione di capovolgere i tempi e le modalità della didattica: le lezioni tradizionalmente svolte a scuola, vengono qui fruite – grazie alle tecnologie digitali – a casa. Viceversa i “compiti” vengono fatti in classe con la collaborazione dei compagni, sotto la supervisione dell’insegnante. Il docente assume così il ruolo di guida, consentendo agli studenti di aprire spazi di discussione e confronto, di coltivare i propri interessi, di sviluppare competenze quali il pensiero creativo, il problem solving, il decision-making e competenze di tipo socio-relazionale. Tutto questo facilita la possibilità per l’insegnante di osservare i diversi stili di apprendimento dei propri studenti, offrendo loro l’adeguato supporto attraverso un insegnamento personalizzato.
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Il debate, la cui traduzione è “dibattito”, è una metodologia didattica attiva che consiste nella messa in atto di una discussione guidata con tempi e regole precise nella quale piccoli gruppi di 2-3 studenti si confrontano tra loro per sostenere o contestare una determinata affermazione o argomento dato dal docente, dunque ponendosi in un campo (pro) o nell’altro (contro). Aiuta gli studenti a sviluppare la capacità di dibattere e sostenere un argomento a partire dalla selezione delle fonti, senza focalizzarsi sulle proprie opinioni, ma cercando di andare oltre. Questo approccio è oggi fondamentale per sviluppare il pensiero critico, ampliare il proprio bagaglio di conoscenze, accrescere la propria consapevolezza culturale, sviluppare competenze di public speaking e di educazione all’ascolto e migliorare così l’autostima degli studenti.
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Il “problem solving” è prima di tutto considerata una competenza di vita (life skills), questa si sviluppa attraverso una metodologia collaborativa che pone gli studenti di fronte ad una serie di steps da superare:
- i ragazzi e le ragazze vengono prima messi di fronte ad un problema (problem finding);
- successivamente gli vengono fornite le informazioni necessarie a risolverlo (problem shaping);
- vengono poi guidati nella definizione delle ipotesi e nella scelta delle azioni da intraprendere per risolverlo (problem solving);
- una volta verificata l’efficacia della soluzione, se il problema non viene risolto si riparte dal primo step.
Si tratta dunque di una metodologia ideale per sviluppare strategie e abilità utili alla soluzione di problemi su piani differenti: psicologico, comportamentale e operativo.
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L’educazione tra pari inizia a diffondersi negli anni Settanta in Nord America. Questa pone gli studenti al centro del processo di apprendimento. Il gruppo diviene centrale, questo rappresenta una sorta di “social lab”, all’interno del quale si sviluppano dinamiche, si sperimentano attività, si progetta insieme, si commettono errori e si ricercano soluzioni, consentendo così di sviluppare abilità relazionali e comunicative. Questa rafforza lo sviluppo delle life skills, o competenze di vita, indispensabili per il raggiungimento del successo formativo e di vita dello studente. Oggi questo approccio è ampiamente utilizzato per prevenire i comportamenti a rischio, attraverso il coinvolgimento attivo dei ragazzi e delle ragazze che sono chiamati a condividere conoscenze, emozioni ed esperienze tra loro.
Sono cambiati i mezzi di comunicazione e le tecnologie, ma raccontare storie è da sempre parte dell’esperienza umana. Il metodo narrativo porta numerosi vantaggi in chi lo utilizza, i più importanti riguardano: la capacità di apprendere e ricordare e la riduzione dei deficit dell’attenzione. Soprattutto, consente di imparare divertendosi, sviluppando l’immaginazione e dando voce ai propri ricordi e alle proprie emozioni.
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Il termine tinkering sta ad indicare l’apprendimento attraverso il fare. Si tratta di un approccio innovativo consigliato per l’apprendimento delle discipline STEM, grazie al quale l’alunno viene incoraggiato a sperimentare e stimolato a risolvere i problemi. Il docente promuove una serie di attività che possono essere realizzate in gruppo, sotto forma di gioco o sfida. Lo scopo è quello di realizzare oggetti a partire dall’utilizzo di materiali di recupero.
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Si tratta di un metodo attivo basato sulla scoperta: consiste nel guidare l’alunno verso la comprensione di ciò che desidera conoscere, mediante il suo continuo coinvolgimento nei processi di interpretazione e ricerca. In questo modo lo studente impara a padroneggiare le conoscenze acquisite per poi poterle utilizzare in altri contesti. Questo metodo presuppone la ricerca-azione di problematiche complesse e aperte a più soluzioni che andranno col tempo delineandosi attraverso processi di meta-riflessione sulle azioni messe in atto. L’euristica sviluppa l’autonomia, condizione fondamentale per l’imparare ad imparare.
Non si tratta di un metodo di insegnamento alternativo, ma di un linguaggio progettuale. Questo consiste nell’indicazione di una specifica metodologia strutturata in 7 passi di lavoro da seguire per la realizzazione di un progetto didattico: carta d’identità del progetto, brainstorming, mappa mentale, albero delle attività, calendario di progetto, semafori di progetto, chiusura di progetto. Per un approfondimento, si veda qui: https://pmief.org/library/resources/projects-from-the-future-kit-for-primary-school
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Il termine STEM è un acronimo che si riferisce a cinque discipline accademiche: scienza, tecnologia, ingegneria, lettura e matematica. Si tratta di un approccio che intende mostrare come il metodo scientifico possa applicarsi alla vita quotidiana. Le STEM consentono di insegnare agli studenti il pensiero computazionale, in relazione ai problemi del mondo reale in un’ottica di problem solving. Recentemente è stata sottolineata la necessità di includere la lettura tra le discipline da tutelare, divenendo da STEM o STEAM in STREAM – con l’aggiunta della R per Reading.
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